In stile manierista, è uno dei primi edifici costruiti a Siena all’indomani del Concilio di Trento. L’impianto liturgico e architettonico rispecchiano infatti i moduli richiesti dalla Controriforma. Sorge nel rione di Provenzano, nell’area dove sorgevano le case anticamente appartenenti alla famiglia del celebre condottiero militare senese del secolo XIII Provenzano Salvani, citato da Dante Alighieri nella Divina Commedia (Purg. XI, 121-142). La leggenda che si è tramandata narra che sul muro esterno di una delle case del rione fosse collocata un’immagine in terracotta smaltata raffigurante il tema della Pietà, voluta secondo la tradizione popolare da santa Caterina da Siena.
Nel 1552 accadde che un archibugiere spagnolo, forse per una bravata, esplose un colpo di arma da fuoco contro l’immagine sacra, lasciando integro il busto della Madonna, ma distruggendone però le braccia e il resto dell’immagine. La scultura divenne subito un simbolo: fu oggetto di grande venerazione da parte del popolo, inizialmente in riparazione al gesto sacrilego e in seguito perché alla Madonna vennero attribuiti diversi miracoli, riconosciuti nel 1594, chiamato proprio l’anno dei miracoli. Proprio in quella data, grazie all’approvazione di papa Clemente VIII e delle Magistrature civiche senesi, si decise di costruire un nuovo grande santuario, all’interno del quale si potesse custodire la sacra immagine: i lavori di costruzione iniziarono il 24 ottobre 1595, quando vennero murate le fondazioni.
Ferdinando I de’ Medici, granduca di Toscana, affidò il progetto a Damiano Schifardini, senese, monaco alla certosa di Firenze, che coordinò inizialmente i lavori, realizzando il disegno dell’edificio. Ma, vista anche la lontananza di Schifardini, fu l’architetto Flaminio Del Turco ad occuparsi immediatamente dei lavori, assistito anche dal rampollo della Casa granducale don Giovanni de’ Medici per la realizzazione della cupola.
La chiesa fu dedicata con sacro rito e aperta al culto il 16 ottobre 1611 dall’arcivescovo di Siena Camillo Borghesi. Il 23 ottobre successivo, con una solenne processione che attraversò tutte le vie di Siena, venne traslata all’interno del santuario la venerata immagine della Madonna di Provenzano. Al nuovo tempio era stato affidato il titolo della Visitazione della Beata Vergine Maria a S. Elisabetta. Nel 1614, con decreto del granduca Cosimo II, venne istituita l’Opera di Santa Maria in Provenzano, presieduta da un rettore laico, con il compito di amministrare i beni del santuario e provvedere alle necessità di culto.
La grande devozione alla Madonna di Provenzano fece del santuario il vero e proprio cuore della fede cittadina. Nel 1634 papa Urbano VIII concesse al santuario il titolo di “Insigne Collegiata“, officiata da un capitolo di canonici, presieduto da un proposto; in tutto il territorio dell’arcidiocesi senese il capitolo di Provenzano doveva essere secondo in dignità solo al capitolo della Cattedrale Metropolitana. Il 1º novembre 1681 il simulacro della Madonna fu impreziosito da una corona a foggia “imperiale“, donata dal cardinale senese Flavio Chigi, nipote di papa Alessandro VII, che incoronò l’immagine per conto del Capitolo della Basilica di San Pietro in Vaticano.
Oggi l’Insigne Collegiata di Santa Maria in Provenzano, oltre a rimanere importante santuario mariano cittadino, è sede anche dell’omonima parrocchia, eretta nel 1988 dall’arcivescovo Mario Ismaele Castellano in seguito alla soppressione delle tre antiche parrocchie di San Pietro a Ovile, San Cristoforo e San Donato in San Michele all’Abbadia.